sabato 9 aprile 2016

Recensione libro: LA GUERRA NON HA UN VOLTO DI DONNA

Titolo: La guerra non ha il volto di una donna
Autore: Svetlana Aleksievic
Anno di pubblicazione: 2015
Traduzione: Sergio Rapetti
Biografia:
Svetlana Aleksievicˇ e nata in Ucraina nel 1948, da padre bielorusso e madre ucraina, entrambi insegnanti nelle scuole rurali. Giornalista e scrittrice, e nota soprattutto per essere stata cronista, per i connazionali, dei principali eventi dell’Unione Sovietica della seconda meta del XX secolo. Fortemente critica nei confronti del regime dittatoriale in Bielorussia, e stata perseguita dal regime del presidente Aleksandr Lukašenko e i suoi libri sono stati banditi dal paese. Dopo dodici anni all’estero, ora e tornata a Minsk. Ha pubblicato libri tradotti in oltre quaranta lingue. Ha vinto il Premio Nobel per la Letteratura 2015 per la “sua polifonica scrittura nel raccontare un monumento alla sofferenza e al coraggio dei nostri tempi”. Ha ricevuto numerosi altri riconoscimenti internazionali, tra cui il Premio per la pace degli editori tedeschi alla Fiera di Francoforte (2013), il Prix Medicis essai (2013) e il Premio Masi Grosso d’Oro Veneziano (2014). Di Svetlana Aleksieviˇc sono usciti in Italia: Preghiera per Cˇernobyl’ (2002), Ragazzi di zinco (2003), Incantati dalla morte (2005), Tempo di seconda mano (Bompiani 2014, miglior libro del 2013 secondo la rivista “Lire”).

Trama:
Il libro è ambientato durante la Seconda Guerra mondiale, quando circa un milione di donne hanno combattuto nell'Armata Rossa. Questo libro raccoglie i ricordi di centinaia di loro; alcune erano cecchini, altre guidavano camion e altre ancora erano infermiere. Le loro non sono storie di guerra, né di combattimento, ma sono storie di uomini e donne in guerra, raccontate dal punto di vista di quest’ultime, molto differente dalla visione maschile. Queste donne raccontano il lato meno eroico della guerra. Raccontano di cosa è successo loro, come sono cambiate e cresciute, di cosa avevano maggiormente paura. Parlano dello sporco e del freddo, della fame e delle violenze, della paura e dell'ombra della morte sempre presente. Un libro pubblicato per la prima volta nel 1985, che l'autrice ha completamente riscritto per questa nuova edizione ampliata, reintegrando le ampie parti di testo su cui si era abbattuta la censura e aggiungendo nuovi materiali che non aveva potuto utilizzare a quel tempo.

Commento:
La guerra "al femminile" - dice la scrittrice - "ha i propri colori, odori, una sua interpretazione dei fatti ed estensione dei sentimenti e anche parole sue". Lei si è dedicata a raccogliere queste parole, a far rivivere questi fatti e sentimenti, nel corso di alcuni anni, in centinaia di conversazioni e interviste.
Da questo libro emerge la concezione femminile della guerra, molto diversa da quella maschile. Si può notare come, in praticamente tutti i racconti, siano presenti elementi legati alla sfera dei sentimenti, come la paura della morte o l’amore. Per le donne, uccidere non è così semplice come per gli uomini e ancora più difficile è restare indifferenti di fronte alla sofferenza, persino quella del nemico. Una volta finita la guerra, inoltre, le donne non ostentano le proprie medaglie e decorazioni guadagnate sul campo, probabilmente perché non vanno fiere del fatto di aver ucciso molte persone, seppur si trattasse nemici. Il numero dei racconti, essendo tutti molto simili tra di loro, forse è eccessivo; tuttavia mette in risalto le donne e il ruolo fondamentale che hanno avuto nella guerra, oltre al loro enorme sforzo per cambiare la propria natura.

IV A
Rubrica a cura del prof. Francesco Gigante

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